La crisi idrica nel maggiore bacino italiano, intervista a Francesco Puma |
Lunedì 26 Novembre 2007 10:55 |
Francesco Puma è Responsabile della Segreteria tecnico-operativa Autorità di Bacino Nazionale del Fiume Po, bacino fortemente colpito dai recenti fenomeni siccitosi. Per questo abbiamo ritenuto interessante sentire la sua voce Ci può disegnare un quadro della situazione attuale del bacino del Po rispetto all’emergenza idrica? Come è stata fronteggiata nei vari comparti civile, agricolo e industriale? Diverso il caso dei territori in sponda destra, privo dei fattori di riserva idrica sopra ricordati e quindi più a rischio, sebbene proprio per questo storicamente più “attrezzati” alla scarsità di risorsa. Naturalmente, a livello locale possono presentarsi comunque dei problemi, premesso che dal 2003 ad oggi si registra costantemente una riduzione degli afflussi meteorici rispetto ai valori storici e soprattutto una variazione della loro distribuzione nel tempo che rende meno “utile” la pioggia caduta. Al momento, le attività di prevenzione dell’emergenza idrica svolte attraverso la cabina di regia interessano i comparti caratterizzati dal maggiore utilizzo idrico, vale a dire l’agricolo e la produzione di energia elettrica; il caso dell’uso civile, di impatto quantitativamente non paragonabile, è legato a situazioni puntuali gestite direttamente dagli Enti locali competenti. Dalle informazioni disponibili, sembra che negli ultimi anni si manifesti solo una riduzione limitata dei valori complessivi di afflusso meteorico sul bacino, a fronte tuttavia di una loro concentrazione in limitati periodi e con maggiore intensità, che riduce il beneficio da essi fornito come mediamente avveniva in passato; in questo senso, sembrerebbe opportuno parlare di scarsità di risorsa disponibile, più che di siccità. Nell’ottica di bacino complessivo, a parte l’esperienza della cabina di regia curata dall’Autorità di bacino del Po, le Regioni e alcune Province del bacino hanno avviato o accelerato l’istituzione di organismi di gestione, più o meno coordinata, delle risorse presenti sul loro territorio, con una conseguente “presa di coscienza” di tale tipo di problemi da parte dei soggetti privati coinvolti. Dal punto di vista strutturale, sono in corso interventi di adeguamento di opere il cui funzionamento è esposto al rischio di interruzione derivante dagli eventi di scarsità di risorsa: si ricordano gli impianti termoelettrici sul Po, con il black-out nel Nordest del 2003, i grandi impianti di derivazione d’acqua sullo stesso fiume per gli usi agricoli e civili dell’Emilia Romagna e del Veneto. Per il futuro, nel vivace dibattito attualmente in corso sull’argomento, si può segnalare soprattutto la necessità dell’adozione di modalità e di infrastrutture a maggiore risparmio idrico in agricoltura, che rappresenta il settore più idroesigente, unita alla verifica delle possibilità attuali di accumulo di risorsa anche a livello puntuale. In questo ambito, il ruolo dei Consorzi di bonifica potrebbe e dovrebbe essere decisivo, a patto che essi facciano propria una visione più strategica e multidisciplinare della loro funzione. Un’altra difficoltà rilevante è costituita dal numero dei soggetti coinvolti in quanto utilizzatori d’acqua, peraltro limitato solo ai principali, a cui si aggiunge la frammentazione del bacino idrografico tra più Regioni; tutti questi soggetti, peraltro, hanno necessariamente esigenze contrastanti e sono pertanto in conflitto tra loro. Non va dimenticata infine la scarsità di risorse a disposizione dell’Autorità, che impone di operare attraverso i soggetti coinvolti e quindi riduce notevolmente l’efficacia delle proposte e il potere di iniziativa.
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