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Intervista al Ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio PDF Stampa E-mail
Venerdì 27 Luglio 2007 12:40

 

Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Alfonso Pecoraro Scanio ha risposto alle nostre domande sulla situazione italiana rispetto al problema idrico, dalla scarsità di risorsa ai problemi strutturali e di gestione, concludendo con un parere sul ruolo che potrà svolgere il Forum Nazionale sul Risparmio e la Conservazione della Risorsa Idrica.

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Ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio

 

Lo stato di deficit idrico delineato in quasi tutti i principali bacini idrografici nazionali e in particolare nelle aree del nord sta già ponendo il tema dell’approvvigionamento al centro dell’attenzione pubblica, anche in previsione di una estate che i meteorologi prevedono calda e con scarse precipitazioni. In tale situazione quali pensa siano i punti di forza e i punti di debolezza della gestione delle acque in Italia?
Fortunatamente l’ultimo scorcio di primavera è stato prodigo di precipitazioni e questo ha attenuato la situazione di drammaticità che si era creata nei mesi precedenti, a seguito di un inverno che non è stato tale. Eppure non mancheranno effetti sensibili, perché – come osserva il Coviri, il Comitato di vigilanza per le risorse idriche – persiste il grave deficit di innevamento e l’innalzamento delle temperature peserà ancora sullo scioglimento dei ghiacciai. In questo contesto, possiamo considerare che il principale punto di forza del sistema di gestione delle acque in Italia risiede nell’insieme di strutture che copre in maniera soddisfacente il territorio nazionale. Mentre i punti di debolezza si collegano all’insufficiente manutenzione di queste strutture, a un sistema istituzionale ancora eccessivamente frammentato, alla debolezza dei controlli e ad una “cultura dell’acqua” tecnicamente adeguata, ma debole sul versante sociale, perché ancora condizionata dalla tendenza allo spreco e da un livello insufficiente di solidarietà. Ma è proprio questo punto di debolezza che può trasformarsi in positivo, con una partecipazione intelligente di tutti, per contribuire ad una vera e quanto mai necessaria svolta ecologista, cui si può contribuire anche con semplici gesti, come quello di non tenere i rubinetti aperti mentre ci si lava i denti o ci si fa la barba.  

In un quadro nazionale che ormai registra il problema idrico anche in zone non particolarmente carenti di risorse ma molto idroesigenti, come il bacino del Po, quali sono le priorità politiche del governo su questi temi?
L’obiettivo principale è quello di migliorare la gestione delle risorse idriche. Indirizziamo pertanto le nostre priorità politiche verso il raggiungimento di un maggiore equilibrio tra disponibilità e impieghi, prestando grande attenzione al risparmio e al riuso dell’acqua. Ovviamente non possiamo non considerare la variabilità climatica, soprattutto in questo periodo in cui gli effetti del cambio clima sono ormai evidenti a tutti. Viviamo una situazione così particolare che si possono determinare ricorrenti scarsità di risorse anche in aree tradizionalmente ricche. Per questo, stiamo lavorando in modo che il governo sappia tener conto contemporaneamente di diversi scenari del nostro Paese. Ma il nostro scopo è anche quello stimolare tutti i soggetti, pubblici e privati, e in primo luogo i cittadini ad assumere un atteggiamento serio e responsabile che preveda scelte oculate. Ognuno deve fare la sua parte per non sprecare una risorsa così importante e  in cui le “crisi” non sono “emergenze”, ma fenomeni da considerare ormai, almeno per lunghi periodi, di carattere strutturale.

La gestione della risorsa Acqua vede a livello nazionale il coinvolgimento di una pluralità di soggetti differenti in termini di responsabilità e competenze, a volte, con una certa difficoltà di gestione e coordinamento tra loro. Nell’ottica di una gestione partecipata delle problematiche legate all'acqua, quali ritiene che siano gli interlocutori principali da coinvolgere nei processi decisionali e attuatori delle politiche sulla risorsa idrica?
Il problema non consiste tanto nella pluralità di soggetti a cui sono assegnati ruoli e responsabilità quanto nell’insufficienza del coordinamento. Certo, si potrebbe pensare ad un’ulteriore semplificazione di distribuzione delle competenze, ma la cosa fondamentale sono la trasparenza dei processi decisionali e la condivisione dell’informazione. Le nuove direttive europee innescano processi decisionali partecipativi, cui possono fornire utili contributi le rappresentanze dei diversi tipi di interesse ed il pubblico, attraverso adeguati strumenti di consultazione e facilità di accesso ad essi.

In questa ottica pensa che il Forum Nazionale sulla Conservazione e sul Risparmio della Risorsa Idrica possa fornire un contributo per affrontare questi problemi?
Ogni momento di riflessione, incontro e dibattito su questi temi, come il Forum, può costituire un fertile punto di confronto di culture ed interessi diversi, da cui possono scaturire soluzioni originali ed incoraggianti per la pianificazione delle politiche future. È per questo che accolgo sempre con favore iniziative del genere. Dalla partecipazione allargata possono scaturire importanti novità.

Ci può indicare, alcune esperienze, a livello tecnico e gestionale, finalizzate al risparmio e/o riuso nel panorama nazionale o internazionale  particolarmente significative che vorrebbe veder applicate in Italia su larga scala?
Il principale fattore che induce a comportamenti virtuosi nell’uso dell’acqua è la scarsità di risorsa. Da ciò nasce una cultura diffusa che diventa spontanea regola di vita. Il caso più significativo cui mi viene di pensare è quello di Israele, in cui l’unità di misura dell’acqua è la goccia e con le gocce hanno saputo costruire un sistema di consumi in cui bisogni e disponibilità sono equilibrati anche nei sistemi produttivi, industriali e agricoli, che si sono radicalmente innovati. I cittadini nascono e crescono in questa cultura, che trova nella scuola e nell’esempio della vita quotidiana le sue radici profonde. Basterebbe, dunque, mutuare un po’ della cultura e dei sistemi educativi e formativi di quel Paese, nella giusta proporzione rispetto alle nostre maggiori disponibilità di risorse, per aprire una prospettiva più promettente, fondata sui comportamenti spontanei e non su misure coercitive, che solitamente producono risultati modesti.